Opera 1^ classificata
Sergio Baldeschi
Giusy
La mia amica Giusy
non vede più la sua ombra da troppo tempo,
è un tronco di marmo
adagiato e sorretto tra i braccioli di un letto,
ha grosse stigmate che le segnano mani e piedi…
carne sepolta sotto asettiche lastre,
sembra la pietà di Michelangelo.
Il suo respiro… è rimasto aldilà
di quelle pareti che la circondano,
schizzato via su un motorino pieno di sogni,
ora ha solo un buco nel collo
per sorseggiare l’aria
e grandi occhi per comunicare,
nella midriasi di due corolle…
un succo dolce e melodioso
le sgorga dall’abissale silenzio dell’anima,
mentre un sudore acido
lentamente la divora,
ha le sembianze di un formicaio
che scorre tra le piaghe spolpandone i contorni.
Spesso vado a trovarla,
lei è felice… lo percepisco dal suo sguardo,
che d’improvviso s’accende
e a ellisse, orbita e volteggia frenetico,
per lei… sono una clessidra di luce
che si spezza ad ogni battito di ciglia,
un raggio appoggiato sul comodino.
Malgrado le mie balbuzie…
sono tante le cose che racconto a Giusy,
a lei piace leggere il cielo attraverso le mie parole
e spaziare oltre i confini di quella finestra,
poco importa se il volo è a sobbalzi.
Quando lascio l’angolo ovattato di Giusy,
una fitta nel costato spoglia il mio sorriso,
la sua sbirciata obliqua… è sofferenza nascosta,
forse… gemella del mio cuore.
Opera 2^ classificata
Antonella De Marco
Frammenti d’ombra
In tiepido ascolto siedo
davanti a molte vite
trame sfilacciate
da radici troppo nodose
che lascio scorrere
sul perimetro della mia pelle.
Ed imparo – non vista –
l’arte sottile di intrecciare fili
ricomporre cerchi di sassi
varcare porte lungo una moltitudine
di eterni smarrimenti.
Ancora e ancora percorro
i passaggi di sempre
che sempre sanno stupirmi
mentre cammino solitaria
tra numerose braccia sconosciute.
Opera 3^ classificata
Adriana Torre
I cancelli della notte
Sempre più spesso,
col fuggire delle ore,
scivolo sul terreno labile della memoria,
in cerca di un approdo.
Senza certezza vago tra i cancelli della notte,
spalancati, un tempo,
alla mia arrogante giovinezza.
Ora, nel giardino dei ricordi,
restano solo orme sbiadite,
fantasmi smarriti
che si chinano sull’acqua della vasca
per ritrovare un palpito di vita.
Opera 4^ classificata
Mauro Domenella
Il tuo volto
(Fratello perduto)
Ti concesse un guizzo d’innocenza,
il mio Dio, per poi diventare
graffito nei suoi disegni,
e divenne incessante naufragio
il trasbordare di ogni giorno.
Germogliai funambolo sull’orlo del rimpianto,
mentre la consapevolezza dell’essere
girava con le lacrime in tasca.
Io pigolavo tra angoli di vento,
fringuello sulla fronda dell’ingenuità.
Le estati mi ubriacavo di sole,
le ginocchia mai sazie di graffi,
per acquietarmi solamente
davanti al rogo del tramonto.
Quanta fretta di vivere tutto!
E la malia delle notti di giugno, poi,
che trasudavano arabeschi di stelle,
mentre le lucciole, a stuoli,
seminavano fosforo nel grano…
Che rimane, se ancora prima di fiorire,
la falce recide il fruscio della spiga?
Forse solo il latrato del silenzio,
i suoi echi distratti allo srotolare degli anni
che conduce, clemente, ad un sentire impolverato.
Ma nell’abisso s’ingorgano maree di rivolta,
relitti sepolti nel limo del passato
riaffiorano, ora che anch’io so il mio viso.
T’immagino bocciolo di narciso,
redento da uno sfatto sudario;
e quando quaggiù, tra cardi e spine,
s’incrina la sordità del mio Dio,
orlato di luce si fa vero il tuo volto
in questo deserto cullato da miraggi.
Opera 5^ classificata
Nunzia Maria D’Andrea
Come un ronzio
Dio,
che ti ho voluto perdere quella notte faticosa
in un letto freddo.
E cercavo di odiarti spaventata dalle ore sole
che poco si prestavano al conforto della mia anima.
Ti ho voluto scacciare come mosca d’estate
e se torno nelle tue terre
mi stupisce il languore di gambe,
il silenzio scuro di sguardi,
la carezza del bosco.
Ho cercato la mia alba
per sfamare queste mani
e tu come un ronzio,
abiti orecchie e sangue.
Non ho scampo
se solo mi fermo per un attimo.
Devo correre
per non farmi trovare.
Opera 6^ classificata
Maria Rosa Gelli
A mio figlio
Ti regalo i miei sogni
ma tu potrai costruirne ancora
e realizzare solo quelli che vorrai.
Ti aiuterò a trovare la tua strada
senza percorrerne dei tratti al posto tuo.
Ti difenderò solo se necessario
ma sempre ti risponderò
quando mi chiamerai.
Osserverò il tuo cammino
senza ostacolarlo mai
forse qualche volta direzionarlo
senza mai impedirti di andare.
Sarò felice delle tue conquiste
e dividerò con te le gioie.
Ma vivere è difficile
oltre che meraviglioso
e nel dolore non ti farò da scudo
perché il dolore non rimbalza
ma penetra e fa male.
Potrò invece filtrarlo
e dividerlo con te.
Ti amo, piccolo mio
ed ho un profondo bisogno di te
ma questo è il mio segreto
che mai ti svelerò
perché sarebbe zavorra per la tua anima
che invece deve volare
lontano da me
per conquistare il mondo
e vivere la sua vita.
Opera 7^ classificata ex aequo
Riccardo Fedeli
Terremoto (Le scosse del cuore)
Trema la terra,
tremano le parole,
detriti e dolore
mi schiacciano il cuore,
mentre la polvere
copre l’amore,
allungo la mano,
chiudo gli occhi
e stringo forte a me
il ricordo del tuo sorriso
e se Dio passa di qua
gli chiedo un momento
e un po’ di vento
che mi porti sulle labbra
il sapore del sale e di te.
Opera 8^ classificata
Francesco Testa
L’ulivo del Salento
Vecchio sofferente, calmo
dormi su terra antica.
T’innalzi a sovrano
tra avide zolle e grilli
e ti bagni nella brina del mattino.
Muto a tanti, a me
racconti storie secolari,
come anziano di tempi orgogliosi
quando la pula ti accarezzava
la giovin scorza vicin la fontanella.
Possente appari al mio cospetto.
Rugoso come simbolo perenne
di mille sofferenze
ti attorcigli sull’alto tronco
come antico pugnante,
impavido e solenne. Al vespro,
silenziose, le Parche
ti cingono d’assedio
ma non ti avranno ancor
per tante lune, mentre intorno
acquitrini si seccano esausti.
Vecchio saggio, continua ancor
a regalar il tuo sudor dorato
sul pane contadino.
Mentre t’abbraccio,
l’allodola nel cantar dal basso
ti guarda innamorata, forse più di prima.
Opera 9^ classificata
Daniela Turchetto
Melanconia dell’angelo
Qual è
la corda del verso
che dispiega il passo
il volo in stormo, il caso
il tramestio rumoroso
dell’universo.
E che cos’è
il curioso fatto
che è proprio il grido fondo
a soffocarne il suono
a smorzarne il fiato.
Perché
non ci riesce
di srotolare alla cieca
dietro i margini
del velo
e pronunciare
il tuono, la saetta
il computo del conto
il nome dell’intero.
Almeno il canto
almeno quello
che resti sveglio
attento,
di tutte le nostre ali
almeno
ci resti il vento.
Opera 10^ classificata
Paola Chiara Steccanella
Caffè Letterario
La tavola imbandita
di libri e marmellata
è il nostro rifugio,
la casetta sull’albero
tra i tetti di Verona.
Sfioro le alte nebulose
tra i richiami chiassosi
dei gabbiani
mentre mi leggi il tuo Saba.
Mai fui così vicina
alla tua essenza.
Opera 11^ classificata
Annamaria Pieralisi da Lio
Rondini
Nei sereni tramonti dell’estate
garriscono le rondini
sopra le case del mio borgo antico.
Come alianti planano
sui tetti coperti di licheni,
o si tuffano impazzite,
poi tornano a salire verso il cielo.
Mi fermo incantata ad osservarle,
mi fanno ritornare al tempo andato
ai disordinati e rumorosi giochi
che intrecciavo cogli amici
lungo le viuzze e sotto gli archi
fra un litigio e un canto d’amore
dei più grandi di noi.
Serenità degli anni verdi
come mi manchi,
com’è triste e nostalgico il sospiro
che nasce guardando i vostri giri!
Però è bello pensare che tornate,
che il nido non vi aspetta invano.
Come una fata morgana
dal bellissimo viso,
la vita ci prende e ci confonde
e intanto ci fornisce l’illusione
dell’eterno ritorno alla speranza.
Opera 12^ classificata
Antonio Zannino
Pronto… c’è vita?
Pronto, qui Gaia… c’è forse qualcuno?
Per il momento non risponde nessuno.
È passato del tempo da quando son nata
in un punto del Cosmo da una nube infuocata.
Non c’era acqua e adesso c’è il mare
con tante creature da conservare.
Ho ancora vulcani, oscurano il cielo,
ma insieme all’aria stendono un velo
che fa da scudo, proteggendo la vita
in un ciclo perfetto, che non è infinita.
Sono la Terra, la figlia del Sole
e vorrei con qualcuno scambiar due parole.
È grazie all’Uomo che posso parlare,
se c’è risposta so anche ascoltare.
Lassù, non c’è dubbio, mi stanno a sentire
ma, se non fan presto, potrei anche morire.
Ogni tanto uno scontro con un meteorite
che provoca spesso enormi ferite.
Vagando nel vuoto ascolto il respiro
dell’Universo, attenta a ogni giro.
È passato del tempo fra tante stelle,
chissà quanti mondi, quante sorelle…
pronto, qui Gaia, siete forse in ascolto?
Ditemi pure, mostratemi il volto…
Pronto… qui Gaia… c’è forse qualcuno?
Mi sento sola… non risponde nessuno!